Ordinanza del Tribunale di Torino del 11/06/2014
08/23/2014Ordinanze dei Tribunali di Padova e Parma
08/23/2014Sommatoria tra interessi corrispettivi e di mora: ammissibilità
Anche se la l.24/2001, in relazione all’art.1815 c.c. sc.ed all’art.644 c.p. terzo comma, recita che ai fini del calcolo usurario si deve tenere conto di tutti gli interessi a qualsiasi titolo convenuti, una corrente filo bancaria e sempre più minoritaria tende ad escludere la somma tra interessi corrispettivi e quelli di mora.
La impossibilità, rilevata anche con un certo senso ironico (stupidaggine è stata definita), deriverebbe dalla asserita diversa natura dei due interessi: Compensativo, l’uno; a carattere risarcitorio quello moratorio; una corrente di pensiero che sta trovando lo scarso seguito che merita e che ogni giorno, come si sta riscontrando, viene messa in minoranza dai tribunali che, neanche troppo faticosamente per la verità, stanno facendo luce e chiarezza sul metodo da seguire.
Si passa, infatti, dopo avere addirittura escluso ex Banca di Italia, la mora dal calcolo anche in fase di inadempimento, ad ammettere la considerazione della mora ex se;
Per poi passare al caso di uso (vedi Milano) tra moratorio e corrispettivo sulla rata.
Padova, addirittura, cassa la clausola intera per il solo sforamento del tasso di mora e dichiara che alcun interesse è dovuto.
Ci si attacca alla c.d. clausola di salvaguardia (Napoli e Trani). Ovvero quando il contratto prevede che il tasso di mora sia sempre pari al tasso soglia e non possa superarlo.
Ma tale tesi, confligge apertamente con quella del caso di uso (Milano):
se, infatti, applico al tasso di mora che è pari a quello soglia anche una percentuale dello 0,001% , automaticamente sforo la soglia.
E le conseguenze sono le consuete: nullità della clausola.
Il tribunale di Verona, con la nota sentenza 27.4.2014, esclude la sommatoria; tuttavia la sentenza è costruita sull’assunto che la l.24/2001 parli di interessi “corrisposti” a qualunque titolo (mentre, come noto, la legge parla di “convenuti”). Si vedrà la Corte di Appello come provvederà su quello che lo scrivente vuole definire un “refuso”.
La possibilità della sommatoria, intesa come aggiunta dell’interesse moratorio al corrispettivo, ha avuto il suo suggello scientifico ad opera della nota rivista De Jure che, con articolo 25.7.2014 (fasc.2, 2014, pag.1001) a firma del noto avvocato partenopeo Biagio Riccio, commenta il notissimo provvedimento del tribunale di Parma del 25.7.2014 (testo presente nel nostro sito).
Nel merito, vari tribunali sono andati dritti al punto.
Il tribunale di Pordenone con due ordinanze rese il 5.8.2014 (appresso) – e già prima il Tribunale di Venezia in data 17.6.2014 – hanno utilizzato il concetto di sommatoria (anche se con sfumature diverse).
IL Tribunale di Pordenone è esplicito:
Si legge: “Come statuito dalla Corte di Cassazione con sentenza 350/2013 per la determinazione del tasso soglia occorre SOMMARE il tasso degli interessi CONVENZIONALI a quello degli INTERESSI DI MORA”.
Nell’altra ordinanza, pari data, lo stesso tribunale va oltre e arriva a definire PIU’ RESTRITTIVA la giurisprudenza che non ammette la SOMMATORIA tra i due tassi di interesse, quello CONVENZIONALE e quello DI MORA”, ribadendo, nel teso della ordinanza, il concetto della sommatoria tra i due interessi.
Il tribunale di Venezia, in data 17.6.2014, recita: “Ai fini del tasso soglia occorre quindi si SOMMARE gli interessi convenzionali e quelli moratori, ma in funzione dei criteri di calcolo sopra indicati” (parlava del piano di ammortamento c.d. alla francese).
Detto questo, ovvero che la legge è chiara sul fatto che tutti gli interessi convenuti/pattuiti debbano essere considerati globalmente ai fini del tasso usurario, si passi a discutere la tesi minoritaria (rectius più restrittiva), ventilata in premessa che, volutamente, fa confusione tra i due momenti topici del contratto: la pattuizione e l’inadempimento.
Se, come sostiene il fronte filo bancario, i due interessi avessero davvero natura diversa (da cui la mancata possibilità di sommatoria anche in fase di pattuizione), non è possibile ritenere che detta natura muti a seconda del momento in cui il tasso venga sommato. In altri termini, se si è in fase di inadempimento, la natura moratoria dell’interesse verrebbe meno, presentandosi, dunque, la possibilità di sommarlo a quello corrispettivo.
Per essere chiari e ricorrendo alla nota questione delle pere delle mele che tanto piace a qualche tecnico contabile, i due frutti, stante la loro diversa natura, non si potrebbero sommare, perché, secondo questa tesi, diversi per natura (in fase di convenzione, come dice la legge). Per la stessa tesi, tuttavia, spostando l’asse dalla pattuizione alla fase dell’inadempimento, le pere e le mele si “snaturano” perdendo le loro peculiarità, ed a quel punto, allora, si possono sommare le une alle altre: in altri termini le pere diventano mele (o viceversa) a seconda della fase patologica del contratto. Si capisce bene che detta tesi rappresenti una contraddizione in termini che, in diritto, non riteniamo sostenibile.
Superato l’aspetto in diritto, che riteniamo ormai pacifico (semplice applicazione della legge), possiamo concordare sul fatto che si possa porre un problema di matematica finanziaria.
Nella veste di avvocati, possiamo soltanto notare che si è arrivati, finalmente, ad applicare correttamente la legge (seppur con qualche sacca di resistenza) soltanto con la Cassazione n. 350/2013.
In allegato le tre ordinanze (2 Pordenone e Venezia)
Avv.Massimo Meloni
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